Storia del barcode

Il codice barre é stato sviluppato come sistema grafico atto a consentire la lettura automatica dei caratteri rappresentati, tramite un procedimento di lettura ottica e di successiva decodifica elettronica. Le origini del codice a barre risalgono ai primi studi sviluppati nel 1949. Nel 1960, a seguito degli sviluppi dell’optoelettronica e della miniaturizzazione dei relativi sensori, iniziano negli Stati Uniti i primi studi sulla possibilità che un codice simbolo stampato sulle confezioni dei prodotti a largo consumo possa essere rilevato e letto da sistemi ottici. Questo per accelerare il transito dei clienti alle casse dei supermercati. Da questi studi nascono diversi modi di codifica che praticamente danno origine ad una moltitudine di codici a barre diversi. A mettere ordine in questa giungla di codici si giunge nel 1970 con il varo del primo progetto per la standardizzazione della codifica. Lo standard adottato viene denominato UPC (Universal Product Code) e nel 1973 vengono avviate le prime applicazioni.

In Europa gli studi invece iniziano separatamente nel 1967/68 dando origine a diversi tipi di codice sia in Francia sia in Germania. L’utilizzo di questi diversi sistemi di codifica dal 1972 fece subito nascere l’esigenza di un coordinamento internazionale per l’unificazione dei codici per le sempre più pressanti esigenze degli scambi internazionali nella nuova realtà europea. Nel 1973 iniziano i lavori delle delegazioni dell’industria e della distribuzione per lo studio di un sistema di codifica europeo e nel 1975 si giunse all’adozione di uno standard di codifica comune e compatibile con i codici precedentemente sviluppati: BAN, GENCODE, UPC e al quale venne dato il nome di EAN (European Article Numbering). Nel 1976 vi fu la ratifica dei 12 paesi della comunità europea e la firma del protocollo e statuto dell’associazione EAN con l’avvallo C.E.E.

Nel frattempo, diversi codici sviluppati da aziende produttrici di sistemi di lettura, si sono talmente diffusi come utilizzazione da determinare degli standard di fatto. Naturalmente solo i codici che sono riusciti ad imporsi grazie alle loro prerogative e attributi qualitativi come versatilità, affidabilità, ecc., hanno potuto fruire di questo stato di cose. Infatti alcuni codici sviluppati nell’arco degli anni dal 1972 al 1974 prima dell’UPC e EAN sono tuttora usati come veri e propri standard in settori o campi di applicazione particolari.

Trattasi, ad esempio, del codice 2/5 Interleaved, detto anche ITF (Interleaved Two of Five), sviluppato dalla Computer Identics. E’ un codice solo numerico che consente ampie tolleranze nelle dimensioni degli spessori delle barre e spazi tali da renderlo particolarmente apprezzato quando viene stampato con tecnologie di stampa di per sé imprecise (matrice ad aghi, flessografia su cartoni) oppure soggetto a seguire le modificazioni dimensionali a cui può essere sottoposto il supporto (carta bagnata, increspature, ecc.).

Il Codabar, chiamato anche Monarch o NW7 (codice solo numerico con alcuni caratteri speciali e diversi terminatori), sviluppato dalla Welch Allyn, applicato nelle macchine per l’analisi del sangue per il riconoscimento automatico dei campioni, é divenuto uno standard per il settore. E’ usato in tutte le occasioni in cui si tratti di codificare campioni, buste per trasfusioni, ecc. Il codice ha la particolarità di avere terminatori la cui combinazione può essere tale che, riconosciuti dal decodificatore, consentono di concatenare più simboli in un unico record.

Il codice 39, un vero e proprio standard di fatto, che risponde alle norme internazionali ANSI MH 10.8 M e MIL-STD 1189 é il primo codice alfanumerico sviluppato dalla Intermec. Viene utilizzato ogni qualvolta si debbano codificare sia numeri che lettere. E’ molto diffuso anche se recentemente sono state sviluppate codifiche alfanumeriche più sofisticate come il codice 93 e il 128. Ne esiste una versione estesa Full ASCII che consente di tradurre in codice a barre tutto il set dei caratteri e comandi ASCII. E’ utilizzato in modo modificato, tale da rendere la sua decodifica solo numerica dal Ministero della Sanità italiano (DL. 10/6/83 GU 14/7/83) per la codifica delle confezioni delle specialità medicinali. Il nome adottato per definirlo é codice 32 oppure Farmacode.

I codici a barre sono risultati vincenti rispetto ad altri sistemi di identificazione ed acquisizione dati per le loro caratteristiche di affidabilità, velocità ed economicità. Tra i codici a barre oggi più diffusi vi é l’EAN, solo numerico, nelle due versioni lunghe rispettivamente 8 e 13 cifre. Completamente compatibile con il codice UPC nelle versioni A ed E rispettivamente di 12 e 6 cifre. Questo codice possiede uno standard a livello mondiale in quanto ha nel codice un segnale che permette di identificare il paese del produttore. La parte del codice produttore é assegnata in ogni paese da un Ente Nazionale EAN. Pertanto il sistema di codifica EAN/UPC é univoco, il che significa che ogni tipo di prodotto é identificato da un solo codice/prodotto a livello mondiale.

Gli altri codici sono l’ITF usato nell’industria e adottato recentemente dall’EAN per la codifica degli imballaggi nella versione ITF14 (14 cifre fisse), ITF16, ITF6, il codice 39 alfanumerico, il Codablock, il 32.

Da qualche anno sono stati sviluppati alcuni nuovi tipi di codifica. Fra questi si possono menzionare per maggior diffusione i codici 128 alfanumerico (Full ASCII) e il 93 sempre alfanumerico ma meno usato del precedente.

Codici a Barre Bidimensionali

I codici a barre bidimensionali sono nati per rispondere principalmente a due necessità. La prima è quella di aumentare sensibilmente il numero di caratteri che un codice a barre può contenere: ricordiamo che con i codici a barre tradizionali difficilmente si riesce a codificare più di 30-35 caratteri in uno spazio sufficientemente ridotto. La seconda necessità è quella di superare il limite maggiore di un codice a barre: esso è la chiave di un database, senza il database le informazioni riportate nel codice sono assolutamente inutili. Negli ultimi anni per rispondere a queste esigenze sono stati studiati e realizzati diversi codici con caratteristiche diverse. Tutti questi codici si possono dividere in due classi di simbologie: stacked e matrix.

La simbologia stacked riprende la logica dei codici monodimensionali: la codifica avviene attraverso barre e spazi di dimensioni variabili. Il codice completo è composto dalla sovrapposizione di diverse righe di codice. Si ottiene una elevata densità di dati, ma la lettura del codice non è omnidirezionale. La simbologia matrix prevede invece che i caratteri siano codificati dalla posizione di punti neri all’interno di una matrice. Ogni punto nero o spazio bianco è delle medesime dimensioni degli altri; solo la disposizione di questi elementi codifica i dati. Anche con questi codici otteniamo una elevata densità di dati con il vantaggio che la lettura può essere omnidirezionale.

La tecnologia dei codici a barre bidimensionali è relativamente nuova e quindi esistono poche realizzazioni, anche se alcuni di essi stanno già diventando degli standard in diverse applicazioni. Dobbiamo considerare anche che per leggere i codici 2D dobbiamo utilizzare dei lettori diversi da quelli tradizionali usati per i codici monodimensionali: lo sviluppo di questi codici è legato quindi allo sviluppo di nuovi lettori in grado ovviamente di leggerli.


LA PRODUZIONE DI ETICHETTE CON BAR-CODE

Quando si devono stampare per conto proprio delle etichette con codici barre si deve scegliere una stampante adeguata; attualmente sul mercato esistono diversi tipi di tecnologia, tra cui:

  • Stampanti grafiche ad aghi

  • Stampanti a getto d’inchiostro

  • Stampanti Laser

  • Stampanti a trasferimento termico

Tabella riassuntiva delle loro caratteristiche

Tipo Stampante

Qualità

Velocità

Praticità

Tipo Etichette

Grafica ad aghi

Bassa

Bassa

Media

Striscia

Getto d’inchiostro

Media

Bassa

Media

Striscia

Laser

Alta

Media

Scarsa

Fogli A4

Trasferimento termico

Alta

Alta

Ottima

Striscia

La buona qualità é importante successivamente in fase di lettura, una scarsa qualità delle barre può generare errori di lettura oppure richiedere la lettura più volte prima di essere interpretato correttamente.

Per ottenere i migliori risultati nel modo più pratico e veloce, conviene indirizzare la scelta verso le stampanti a trasferimento termico specializzate nella stampa di etichette.

Al maggior costo richiesto dalla stampante, risponde una migliore qualità del codice a barre, una velocità maggiore di stampa, una maggiore praticità di utilizzo (sono specializzate proprio in questo) e qualche marca richiede anche un minor tempo (e quindi minori costi) nella realizzazione dei programmi di stampa.